Nella valutazione musicale ognuno si muove all’interno di propri paradigmi personali.
Io ho sempre pensato che il valore di una canzone non possa essere valutato operando un “sezionamento” delle sue parti e prescindendo dal contesto temporale, culturale, emozionale in cui la stessa canzone viene a collocarsi.Voglio dire che la tecnica, sia di composizione musicale che di versificazione, non è tutto e può a parità di livello assumere connotazioni valoriali diverse. E’ un po’ la stessa cosa che penso dell’arte in genere e, per restare in tema, nello specifico, dei musicisti.
So, ad esempio, che esistono strumentisti d’orchestra immensamente più bravi nel suonare la chitarra, che so, di un Bob Dylan o di un De Andrè e forse anche a comporre musica secondo dei canoni tecnico- compositivi, ma ciò non toglie che non saranno mai degli artisti e che la loro musica e/o le loro composizioni non avranno mai uguale “valore” rispetto a questi ultimi; e qui non intendo “successo” ma proprio valore nel senso di qualità.Questo perché, come ho detto, la tecnica è solo una componente che crea il valore.
Esistono canzoni con testi bellissimi e musiche scadenti e viceversa, oppure canzoni con testi e musiche bellissime o entrambe scadenti, ma non possiamo valutare assegnando un “punteggio” alla musica, uno al testo e poi sommare….
Non credo sia il modo giusto.
L’arte in genere ha valore se colpisce emozionalmente, condiziona culturalmente, determina socialmente, crea artisticamente, riflette generazionalmente, rivoluziona, ecc. Questo risultato può essere ottenuto anche e in massima parte dalla “tecnica” ma non esclusivamente da questa e a volte perfino prescindendo da questa.Direi di più: la stessa opera d’arte può avere valore o non averne a seconda del momento storico in cui è nata.
Credo che la connessione con il livello emozionale di un’epoca storica, con la sua cultura, anche con la sua politica e con il suo costume, concorra moltissimo nel dare o negare valore a una composizione. E poi “last but not least” il “valore personale” che ciascuno di noi può dare in base alla propria sensibilità, al proprio carattere, al proprio patrimonio estetico ed emozionale.
Vorrei aggiungere anche che, paradossalmente, la carenza musicale a volte diviene un “valore aggiunto” nel senso che mi capita spesso di domandarmi: “Ma se questa canzone, pur essendo scarsa nella struttura compositiva musicale, riesce a darmi tali emozioni (e probabilmente non solo a me) quale magia interna possiede?”
Lo stesso discorso vale anche per le cosiddette “cover”. Siamo sicuri che un pezzo di Dylan, per restare nel precedente esempio, cantato da un “bravo cantante”, senza la sua voce roca e nasale, ne guadagni? Siamo sicuri che un’impostazione da “buona scuola di canto” migliori la canzone? Non concorrono forse anche queste imperfezioni tecniche a creare la magia, l’unicità, l’atmosfera di un brano?” E’ vero poi che possiamo anche distinguere in base a canoni universalmente riconosciuti tra bellezza di musiche e di testi: penso che sia poco discutibile che un’opera di Puccini o Verdi rimanga bella anche cambiando il testo dei libretti (prevalenza della musica) o che un bellissimo testo possa rimanere tale anche con musiche più scadenti (prevalenza del testo). Credo che sia ovvio che la grandezza dei Beatles (e intendo anche delle singole canzoni) prescinda dai testi e talvolta anche dalle musiche (penso a certi loro “scherzi” musicali che non tolgono valore proprio in quanto vanno letti nel “contesto Beatles”).I tagli sulle tele di un Fontana o le foto dei barattoli di sughi Campbell’s allineati di Andy Wahrol possono essere considerati di valore non per il gesto tecnico in sé (che potrei fare anch’io….) ma per i significati sottesi che li hanno concepiti e per una “risposta” che possono rappresentare in un momento particolare della storia dell’arte.
Secondo me il problema resta sempre quello: non si può fare l’autopsia… delle canzoni.Dobbiamo recepirle nella loro totalità, con tutte le loro componenti.Anche se esistono canoni che possiamo azzardarci a definire universali e condivisi, a parità di epoche e culture, essi non devono mai prescindere da una valutazione di “gestalt”.
Poi ogni discussione è lecita a partire da questo: allora sì che possiamo anche convenire che un brano di Beethoven sia molto meglio di quello che posso scrivere io e così anche per un testo di De Andrè, ma questo è un altro piano del discorso.
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