La figura di Sandro Luporini riveste un’importanza fondamentale nella cultura italiana dell’ultimo Novecento.
Al di là dell’indubbia valenza artistica del suo realismo esistenziale pittorico, l’incontro con Giorgio Gaber e la nascita del “Teatro-Canzone” e del “Teatro evocativo” credo rappresenti un “accadimento” che ha segnato profondamente la nostra cultura. La “metodologia di pensiero” di Gaber/Luporini, il loro “sarvakarmaphalatyaga”, cioè il “distacco dal frutto dell’atto”, cioè il “buttare lì qualcosa” rappresenta a buon titolo il modo più “realistico” di essere politici dopo la caduta delle vecchie illusioni e, anche se spesso l’accusa rivolta loro è stata quella di qualunquismo, la loro opera è stata sempre animata dal desiderio di capire, di cambiare. Desiderio di verità.
Oggi Giorgio Gaber ci ha lasciato e la sua “assenza” è una presenza dolorosa per quanti lo hanno amato, conosciuto, apprezzato.
Ma la “presenza” di Sandro Luporini rimane un punto di riferimento artistico e di pensiero a cui va prestata la massima attenzione.
Il pensiero di Gaber/Luporini non ha mai avuto nulla di dogmatico o ideologico; non hanno mai lanciato messaggi, buttando sempre lì qualcosa in cui credevano in un determinato contesto storico, politico, sociale, culturale e personale. Io credo che abbiano anche vissuto contraddizioni, ripensamenti e probabilmente anche intuizioni sbagliate; ma hanno sempre cercato di capire, prescindendo dal voler “codificare”, simili a degli Ulisse danteschi che viaggiano per viaggiare, non per arrivare.
Questa è quella che io amo definire “metodologia di pensiero”: non esistono ortodossie rispetto al loro pensiero e dunque neanche eresie. La loro metodologia li ha portati volta per volta a riflessioni che appartengono a loro in quanto filtrate e non avulse dal loro vissuto personale, dalla loro sensibilità, dal loro percorso artistico e umano.
Il loro è un approccio alla vita e all’uomo che può essere utilizzato ma che può, a seconda delle diverse sensibilità, storie personali, ecc., portare a cose nuove e divergenti.
E questa è la ricchezza aggiunta di questa metodologia:la sua capacità di poter essere ancora viva, ancora feconda di novità, non ripetitive e/o banali.
Io non so come, nel tempo, Sandro Luporini continuerà il lavoro iniziato con Giorgio Gaber, come le sue riflessioni sull’uomo e sul mondo saranno manifestate al di là del discorso pittorico, ma credo che quanti hanno avuto in Giorgio Gaber un “punto di riferimento” non debbano dimenticare che la presenza di Sandro Luporini è una garanzia di uno spirito critico, libero, magari utopistico (ma nell’accezione più bella che può avere questo termine) e che si deve guardare a lui per evitare che il rivolgersi all’opera di Gaber/Luporini sia solo una sterile celebrazione del passato, facendo in modo che quella loro “metodologia d pensiero” possa continuare a nutrirci, a emozionarci, a non farci perdere la voglia di capire.
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