Album “Parole sante” di Ascanio Celestini (2007)
Ci stanno due palazzi.
Uno è il centro commerciale con la sua bella insegna, il tetto iperbolico e le vetrate lucide che lo fanno sembrare un autogrill da superstrada per Marte. L’altro, un parallelepipedo dritto pensato da qualche geometra con le coliche è il call center. Uno è fatto per essere guardato e infatti lo vedono tutti. L’altro è invisibile un po’ perché non fa piacere vederlo, un po’ perché il gemello sgargiante che gli sta accanto si prende tutta l’attenzione. Però si fa sentire. Ci parli al telefono quando ti chiama a casa per venderti un aspirapolvere o un nuovo piano tariffario. Ci parli quando chiami il numero verde scritto sull’etichetta di una bevanda gassata o un assorbente interno. Accanto ai gemelli di cemento armato ci passa la strada e intorno ci sta la borgata. Affianco alla borgata ci sta la città, o forse è il contrario. E in mezzo ci si muove il popolo.
Il popolo che è un bambino.
Si arrabbia per le ingiustizie, si commuove davanti al dolore, si illude e si innamora. Poi spenge la televisione e va a dormire sereno. Il popolo lavora, guadagna e spende. L’hanno convinto che l’economia funziona così. Bisogna far girare la ruota. Ma poi tra i neon del centro commerciale e i telefoni del call center qualcuno smette di girare. Forse è solo il bruco che esce dal buco, il cadavere che prova a resuscitarsi da solo. Forse è il ladro e si rende conto che non basta rubare ai ladri per pareggiare i conti. E infatti è un collettivo di lavoratori, ma è anche un pezzo di popolo. Christian dice “abbiamo incominciato perché non avevamo niente da perdere”. Maurizio dice “quel posto è come il Titanic. Il transatlantico affonda e i passeggeri fanno finta di niente. Ma noi non affonderemo cantando”.
Parole sante!
Visto e considerato che non ne potevano più della loro malasorte
incominciarono ad aggirarsi come s’aggirò quel famoso spettro per l’Europa
tutti evidentemente erano dei disgraziati
ma ciascuno lo era in maniera differente
perché la disgrazia colpisce i miseri, ma con incredibile fantasia nella sorte.
Infatti c’era quello che aveva perso la casa
Insieme a quello che più semplicemente aveva perso le chiavi di casa,
c’era quello che aveva perso la memoria
e mò non si ricordava manco più che cos’è che si era perso
c’era quello che aveva perso la ragione
e insieme alla ragione aveva perso anche il torto
e infine c’era quello che aveva perso tempo
e mò non c’aveva più tanto tempo da perdere
e difatti fu lui che disse: “Attenzione
Tra cinque minuti comincia la rivoluzione!”
nel mentre che s’aggiravano
come s’aggira quel famoso spettro per l’Europa,
si trovarono a passare sotto le finestre di quelli che una volta dicevano Avanti Popolo
e dicevano Avanti Popolo perché mandavano sempre davanti il popolo
e loro rimanevano indietro, magari d’un passo magari d’un metro
perché loro ad andare davanti gli veniva da ridere.
e con le lacrime agli occhi e la morte nel cuore
videro lo scompiglio nelle forze dell’ordine
che mò non erano più né tanto forti né tantomeno ordinate
infatti erano scappati via i generali, tenenti, sottotenenti, nullatenenti,
perfino i Pompieri di Viggiù da qualche minuto non c’erano più
erano velocemente scomparsi i gagliardi soldati
che ringhiavano mostravano i denti
per strada c’era soltanto qualche brigadiere in pensione che mostrava la dentiera
ma è risaputo che anche i militari sdentati capiscono bene ne come va la situazione
e si dicono sottovoce
“Tra cinque minuti comincia la rivoluzione”
Il capo dei capi della polizia e di tutti quanti gli eserciti riuniti
stava guardando in televisione
un programma sui gamberi in salsa rosa
quando ci fu una spiacevole interruzione
il giornalista autorizzato dalla redazione disse che il quiz del sabato sera,
il tirassegno sul negro che passa la frontiera,
il telegiornale di Paperino,
il Grande Fratello con suo cugino
e le olimpiadi di mazza fionda non sarebbero più andati in onda
disse “ è saltata è la programmazione
Perché tra cinque minuti comincia la rivoluzione!”
Cosi il capo dei capi della polizia e di tutti quanti gli eserciti riuniti
per la prima volta durante la sua lunga carriera
si sentì di essere la persona sbagliata nel posto peggiore,
lui che per tutta la vita era sempre stato cosi tanto sicuro di sé,
che le parole gli stavano in bocca come famosi quadri dentro ad un museo,
adesso invece si vergognava che in una giornata cosi piena di sole
sporcasse il muro con la sua ombra.
quelli che s’aggiravano come lo spettro si aggira per l’Europa
si fermarono in silenzio poi incominciarono a fare il conto all’incontrario
come la notte di capodanno
e dissero meno 5, 4, 3, 2, 1
con un po’ di emozione
gentili signori comincia la rivoluzione!
Il popolo è un bambino.
Non ci capisce niente di politica.
Se tu gli parli di rivoluzione e lo fai seriamente finisce che il popolo la fa per davvero la rivoluzione.
Allora bisogna fare come ha fatto il partito comunista.
La rivoluzione gliel’ha fatta vedere da lontano al popolo come una ballerina della televisione.
Il popolo è un bambino e gli piace guardare le ballerine.
I maschietti si guardano la televisione perché gli piace il culo delle ballerine.
E le femminucce si guardano la televisione perché vorrebbero averci il culo come quello delle ballerine che piacciono tanto ai maschietti.
Tutti guardano il culo in Tv.
Ma sia le femminucce che i maschietti sanno che la televisione è un elettrodomestico.
Che quel culo esiste solo là dentro.
Si guardano intorno e la realtà è che si ritrovano sul divanetto del loro appartamento senza culi e senza balletti.
Ma sono contenti lo stesso. Sono contenti perché tutte le volte che ri-accenderanno il televisore ci avranno un culo in diretta pronto per essere guardato.
E non importa che sia finto come la favola di cenerentola.
Importa solo che dopo il culo in diretta si vada a letto sereni.
AI popolo gli piace la rivoluzione, ma gliela devi mostrare come il culo delle ballerine.
Come una cosa bella e impossibile.
Gliela devi raccontare come una favola.
Nel mondo dei leoni viviamo da padroni
nella savana
che è vasta, è pianura,
è quasi padana
se vedo la preda
l’acchiappo e l’ammazzo
me ne mangio un pezzo
il resto lo porto
dentro alla tana
nel mondo dei leoni viviamo da padroni
nel mondo dei bruchi
invece nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi
nel mondo dei pesci stai bene e non esci
tu pensi a nuotare nell’acqua del mare
lì fuori c’è gente
non te ne frega niente
perché là di fuori
son solo dolori
nel mondo dei pesci stai bene e non esci
nel mondo dei bruchi
invece nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi
nel mondo dei gatti ti stiri e ti gratti
arriva il padrone
fai il gatto sornione
e trovi una scusa
per fargli le fusa
fai tutta una scena e lui porta la cena
e quando è distratto gli rubi anche il letto
nel mondo dei gatti ti stiri e ti gratti
nel mondo dei bruchi
invece nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi
nel mondo del bruco
arriva quel giorno
che esco dal buco
che mi guardo attorno
il cielo stellato
il buio l’immenso
davanti al creato
ma poi ci ripenso
ripenso ai pesci, stai bene e non esci
e ripenso ai gatti, ti stiri e ti gratti
ripenso ai leoni che sono i padroni
e penso e ripenso
che io sono il bruco
e torno nel buco
perché nel mondo dei bruchi
nel mondo dei bruchi viviamo nei buchi
C’è stato un tempo in cui
noi eravamo cadaveri vivi
c’è stato un tempo in cui
vivevamo nei cimiteri al fosforo
camposanti di lusso
con connessione veloce alla rete
c’è stato un tempo in cui
frequentavamo solo funerali
dietro alle bare degli eroi morti in guerra
pomiciavamo con le veline
c’è stato un tempo in cui
il tempo non era né bello né brutto
c’è stato un tempo in cui
tutto era lutto
ma poi c’è stato il tempo in cui
noi siamo risorti
dal nostro ossario di ossi di seppia
dove eravamo pasto per gli uccelli
e pure i pigri e i distratti ci hanno visto a noi
noi siamo i froci, siamo gli ebrei, palestinesi dell’intifada
siamo i barboni lungo la strada, siamo le zecche comuniste
noi siamo anarchici, noi siamo spastici, noi siamo quelli col cesso a parte
noi siamo brutti, sporchi ma buoni, che detto in sintesi significa coglioni
noi siamo i negri, meridionali,
siamo gli autonomi dei centri sociali
siamo l’elogio della pazzia
siamo un errore di ortografia
noi siamo i punti dopo le virgole
siamo drogati, zingari e zoccole
c’è stato un tempo in cui
noi eravamo cadaveri vivi
c’è stato un tempo in cui
noi correvamo sempre
restare fermi era vietato
persino i sassi erano in divieto di sosta
sua santità Babbo Natale
era ancora vestito di bianco e di rosso
c’è stato un tempo in cui
c’aveva renne di lusso
ai padroni portava regali
ai servi carbone
ma poi c’è stato il tempo in cui noi siamo risorti
dall’happy hour del megaraduno delle indulgenze
e i vampiri del sangue del santo ci hanno visto a noi
noi siamo i froci…
c’è stato un tempo in cui
noi eravamo cadaveri vivi
e la camorra e la mafia
erano il meglio del made in italy
avevano ottenuto dal ministero
una certificazione di qualità
criminalità organizzata
però d’origine controllata
c’è stato un tempo in cui
noi eravamo picciotti
ma poi è arrivato il tempo in cui noi siamo risorti
dalla tranquillità del mare dove eravamo rugginosi relitti
e pure i tristi giornalisti fascisti ci hanno visto a noi
noi siamo i froci…
Il popolo è un bambino.
Vuole sempre avere ragione.
Allora chi governa il popolo gli deve dire che “gli altri c’hanno sempre torto.
Gli altri sono atei miscredenti, pervertiti omosessuali, zozzi meridionali, negri puzzolenti…eccetera.
..insomma: relativisti”.
Allora il popolo è contento.
Perché il popola è un bambino e come tutti i bambini gli piace giocare.
Nei giochi dei bambini c’è sempre uno che vince e un altro che perde.
Per questo che al popolo gli piace tanto il calcio.
Il popolo lo sa che il calcio vero non è quello dei campetti, delle partitelle.
Il popolo lo sa che al calcio vero non ci può giocare.
Che il vero calcio se lo può soltanto guardare in televisione.
Allora il popolo si mette seduto e guarda.
Il popolo strilla, si agita, si stanca come un bambino.
E quando arriva la sera si addormenta subito. È buono buono il popolo, è una pecorella.
Il popolo lo sa che la vita è come una partita di calcio in televisione, come la finale dei mondiali: tutto il mondo la guarda, ma poi la palla se la giocano solo due squadre.
Bello il calcio! Bella la vita!
Solo pochi se la godono, ma tutti gli altri possono fare il tifo.
Poveri partigiani
portati in processione
nei telegiornali
alla televisione
sopravvissuti un tempo
alle fosse comuni
ma seppelliti in questo tempo
dall’informazione.
Sfilano il 25 aprile
con le medaglie appese alle bandiere
accanto alle mogli dei sottosegretari
appena uscite dal parrucchiere.
dicono a mezza voce
“viva la costituzione
ma adesso è tardi, mi chiude la posta, devo prendere la pensione”
Poveri deportati
che mostrano la matricola alle telecamere
tra una pubblicità e l’altra,
il tetro tatuaggio.
Questo sterminio
vi è gentilmente offerto
da una bibita gassata
e da un famoso formaggio.
Poveri nomi e cognomi
dei caduti di tutte le guerre
che stanno sempre sulla bocca
degli onorevoli politici.
Con tutti quei morti in bocca
avranno sicuramente un alito pesante.
La loro lingua e’ un camposanto
dove resuscitano ogni tanto.
Poveri morti di Nassirya
che forse ci credevano davvero
chi muore muore con onore
chi sopravvive vive nel dolore.
Povero Nicola Calipari
che gli hanno pure intitolato un’isola pedonale
sarà contenta la moglie che ha sposato
una zona a traffico limitato.
Poveri parenti degli eroi,
che almeno per un giorno
sono stati eroi anche loro
nei funerali in mondovisione
ma appena il giorno dopo,
erano morti anche loro
erano morti
che ricordavano altri morti.
Ma voi:
Ricordate i morti ma ricordateli vivi!
Ricordate i morti ma ricordateli vivi!
Ricordate i morti ma ricordateli vivi!
Ricordate i morti ma ricordateli vivi!
Ricordate i morti ma ricordateli vivi!
Noi siamo una testa senza giudizio
Siamo una scimmia senza cervello
Siamo la fine senza l’inizio
Siamo il becco, ma senza l’uccello
Siamo una guerra senza armistizio
Siamo la falce senza il martello
Siamo la chiave senza la porta
Siamo una bella natura morta
Noi siamo gli asini
Noi siamo i matti del manicomio
Siamo buffoni siamo pagliacci
Siamo vestiti di pezze e di stracci
Siamo pagliacci siamo buffoni
Col cazzo fuori dai pantaloni
Facciamo ridere tutta la gente
Ci abbiamo in bocca soltanto un dente
Ma se facciamo troppo casino
Ci attacchiamo subito alla corrente
Noi ci mangiamo la terra e i sassi
Nel giardino a angolo retto
Inciampiamo sui nostri passi
Quando fa buio torniamo a letto
Per fare in fretta la nostra cena
Per non avere troppi pensieri
Ce la servono in endovena
Le suore, i medici e gli infermieri
Noi siamo gli asini
Noi siamo i matti del manicomio
Per chi ha bisogno di santi e di eroi
Chi cerca un briciolo di poesia
Venga pure a guardare noi
Che sfiliamo lungo la via
Ci guarderete con interesse
Come uno squalo dentro a una vasca
L’ultimo mulo che tira il calesse
La stella cadente che adesso casca
Ci alterniamo coi nani e le zoccole
L’orso che tiene sul naso una palla
Il leone che mangia le vongole
La scimmietta sopra la spalla
Noi siamo quelli pieni di caccole
Che con il moccolo fanno la bolla
Pure se siamo poveri cristi
Facciamo coppia col bue nella stalla
Perchè siamo gli asini
Noi siamo i matti del manicomio
Però ce l’abbiamo una folle idea
Che forse forse vi sembrerà strana
Cacare sui vostri mobili Ikea
Sui vestitini di Dolce e Gabbana
Sugli onorevoli sempre corrotti
Che non finiscono mai in galera
Sulla gobba di Andreotti
Sui telequiz del sabato sera
Sulle preghiere dei bigotti
Sulla triste camicia nera
Sulle combriccole dei salotti
Sulla retorica della bandiera
Noi siamo storpi, noi siamo brutti
Siamo discarica, siamo il vizio
Noi siamo l’odio contro voi tutti
Siamo vecchi pure per l’ospizio
Noi siamo gli asini
Noi siamo i matti del manicomio
Voi perdonate se troppo sgarbata
Ci venne fuori questa canzone
Ma per trovare la rima baciata
Ci lavorò tutto il padiglione
Il padiglione che verso quell’ora
Si deve bere la camomilla
Che ce la porta la vecchia suora
Prima di chiuderci nella stalla
Noi siamo gli asini
Noi siamo i matti del manicomio
Noi siamo gli asini
Noi siamo i mani del matticomio
Così entro di nascosto come un ladro nella casa del ladro
Mi guardo intorno nella casa del ladro è tutto rubato
Pure l’aria che adesso respiro con il fiato corto
è frutto di un furto.
Quando un ladro trova un ladro dentro casa non è mica contento
E difatti quel ladro mi vede e mi dice: “stai attento”
lui mi dice: “guardami bene, io non sono ladro soltanto,
io sono il padrone.”
Non sappia l’occhio destro
quel che guarda il sinistro
taccia la bocca memore di quel che ha visto
che io mi muovo adesso
prima che sia mattino
nessuno spia il mio passo sotto il cielo turchino.
Ma io dico che suonare un sonaglio davanti a un serpente
io dico che pure il serpente, pure quello, si pente
e capisce che sputare veleno per tutta una vita
non gli è servito a niente.
Ma il padrone è una cosa diversa, è uno strano serpente
il padrone è una cosa diversa, è una bestia curiosa
lui comincia succhiando il latte da quando è bambino
ma poi succhia ogni cosa.
Non sappia l’occhio destro…
E difatti alla fine il padrone è una specie di ladro
solo che quando ruba il padrone non è mica reato
e anche quando che viene arrestato il suo alibi regge
perchè lui è la Legge.
Così entro di nascosto come un ladro nella casa del ladro
E quel ladro mi dice che lui non è un ladro soltanto
“Ma neanch’io sono un ladro” gli dico e così mi avvicino
“Io sono un assassino”
E così sotto il cielo turchino c’è un padrone di meno.
Non sappia l’occhio destro…
Il popolo è un bambino.
Se gli rubi le caramelle il bambino si arrabbia.
Ma se gliele metti in vetrina quello se le compra subito.
Allora tu che sei più furbo del popolo gliele fai pagare il doppio di quello che valgono.
Così per ogni caramella che si compra una gliela vendi e un’altra gliela rubi.
Se metti le mani in tasca al popolo sei un ladro,
ma se è il popolo che si viene a svuotare le tasche da te è solo una legge di mercato.
Il popolo è un bambino, gli piace comprare le caramelle.
Poi magari se le porta a casa e manco se le mangia.
Magari le butta al secchio, magari.
Perché ai bambini gli piace comprare comprare comprare.
Allora tu che sei più adulto del popolo gli vendi tutto.
Il popolo vuole mangiare? E tu gli vendi le porcherie fino a farlo scoppiare.
Il popolo vuole le canzonette? E tu gli vendi qualche chilo di ritornelli da canticchiare sotto la doccia.
Il popolo vuole gli ideali? E tu gli vendi anche quelli.
Poi magari li porta a casa e non ci crede più.
Magari li butta al secchio.
Meglio! Meglio…
Così torna subito al supermercato a comprarsi le caramelle.
Se io fossi morto io non potrei
fermarmi al semaforo rosso
se fosse verde non ripartirei
direi “sono morto, mi dispiace, non posso”
se io fossi morto io non potrei
pagare il conto al ristorante
se io fossi morto io non potrei
vestirmi sudicio vestirmi elegante
se io fossi morto io non potrei
essere un gentile cliente
se io fossi morto non sarei molto
se io fossi morto non sarei niente
se io fossi morto io non potrei
restare in bilico e poi cadere
se io fossi morto io non starei
seduto comodo sul mio sedere
soffiarmi il naso in mezzo alla faccia
a grattarmi i diti in fondo alle braccia
se io fossi morto io non potrei
seguire le masse
pagare le tasse
se io fossi morto io non sarei
un elettore un contribuente
se io fossi morto non sarei molto
se io fossi morto non sarei niente
se fossi morto io non potrei
piangere sul latte versato
se fossi morto io non potrei
sputare nel piatto in cui ho mangiato
se fossi morto io non potrei
guardare in bocca al caval donato
se fossi morto io non potrei
veder piovere sul bagnato
se fossi morto io non potrei
sapere che buon sangue non mente
se io fossi morto non sarei molto
se io fossi morto non sarei niente
se fossi morto io non potrei
alimentare le mie illusioni
se fossi morto io non vedrei
i morti accatastati come mattoni
e benedetti a reti unificate
dai loro stessi assassini
il cuore stitico spesso produce
una diarrea di parole
se io fossi morto per fargli torto
io puzzerei in modo irriverente
se io fossi morto non sarei molto
se io fossi morto non sarei niente
se fossi morto io non potrei
scegliere dove farmi seppellire
preferirei lassù in montagna
sotto l’ombra del famoso fiore
e tutti quelli che passeranno
e diranno oggi è morto un disertore
che non si dica che sono crepato
per dio, la patria o la ragion di stato
io morirei più semplicemente
come un pacifico nullafacente
e poi da morto non sarei più molto
e poi da morto non sarei più niente
pure noi giocavamo alla guerra
pure noi con le frecce e con l’arco
pure noi strillavamo “t’ammazzo!”
Però noi morivamo per scherzo
L’amore no non è possibile
nel mondo fragile dei fiori
quando finisce il giorno
ti dice “ritorno”,
ma tu resti fuori
l’amore no non è possibile
nel mondo fragile dei fiori
il petalo appassisce
il profumo svanisce
l’amor se ne va
perché l’amore stupisce
tu non capisci e lui ti colpisce
perché l’amore inquina
è come una multi-nazionale in Cina
perché l’amore è un segreto,
ma io non ve lo dirò.
Perché l’amore è un segreto
ed essendo un segreto io no lo so.
L’amore no non è possibile
nel mondo critico dei liquidi
per stare un poco insieme
per fare una famiglia
ci vuole la bottiglia
l’amore no non è possibile
nel mondo critico dei liquidi
il sole è una dannazione
con l’evaporazione
l’amore se ne va
perché l’amore stupisce…
l’amore no non è possibile
nell’universo della fogna
c’ho tutti i miei parenti
in mezzo agli escrementi
il più pulito c’ha la rogna
l’amore no non è possibile
nell’universo della fogna
pure il più bello di natura
fa schifo e fa paura
l’amore se ne va
perché l’amore stupisce…
forse l’amor, forse è possibile
tra innamorati cardiopatici
un bacio sulla bocca
il cuore scoppia
l’amore resta eterno
la vita se ne va
perché l’amore stupisce…
Verrà quel giorno
il giorno è venuto
che ricorderemo
i precari del lavoro
come alla Liberazione
con i fiori e le bandiere
i caduti della guerra
nel conflitto mondiale
Maurizio: non riconfermato
Mara: non firma la conciliazione
Alessandra: non firma la conciliazione
Christian: non firma la conciliazione
Valerio: licenziato
Cecilia: non riconfermata, con invalidità ancora non riconosciuta
Emanuela: non riconfermata
Andrea: rinuncia dopo essere finito in ospedale
Jimmy: non riconfermato
Salvatore: licenziato
tutti gli altri: stoppati, licenziati, non riassunti
ave ave ave ave
avevamo versato il sangue
per una Repubblica fondata sul lavoro
lode lode lode lode
lo deve sapere il popolo che ha perso dignità e diritti
per un piatto di lenticchie
verrà quel giorno
il giorno è venuto
che le parole
usciranno dai denti
e ricorderemo
i giorni delle barricate
come in quinta elementare
le date del Risorgimento
2005
Marzo: prima assemblea spontanea e nascita del collettivo PrecariAtesia.
Maggio: primo sciopero con adesione del 90%.
Luglio: licenziamento di 4 lavoratori
Pochi giorni dopo: presentazione dell’esposto all’ufficio provinciale del lavoro.
2006
Maggio: non riassunti 400 lavoratori.
Agosto: l’ispezione dice che i precari devono essere tutti assunti.
Autunno: articolo 178 della finanziaria e condono per le aziende.
2007
Inverno: il collettivo non accetta di firmare la conciliazione.
Tutti costretti a uscire, a rinunciare al lavoro
in estate arrivano gli avvisi di garanzia per i membri del Collettivo.
ave ave ave ave…
Verrà quel giorno
il giorno è venuto
che siamo stati
tutti quanti licenziati
non abbiamo mangiato
questo piatto di lenticchie
non siamo mica il Titanic
non affonderemo cantando
Parole Sante! Parole Sante! Parole Sante!
ave ave ave ave…..
Il popolo è un bambino.
Fa tante domande e tu non gli
puoi dire la verità
sennò quello ti mette in difficoltà.
Per esempio io c’ho un figlio, si chiama Robertino Casoria, è il peggiore della classe.
Mi ha detto “papà cosa sono i terroristi?”
lo gli ho voluto dire la verità, gli ho detto: “Ti ricordi quando eri bambino? A Natale ti ho detto che sarebbe arrivato Babbo Natale.
Tu eri un bambino intelligente o non ci hai creduto.
Ma poi la notte io sono andato a mettere i regali sotto l’albero e la mattina appresso quando li hai visti hai incominciato a credere che li aveva portati Babbo Natale. Hai pensato che se c’è il regalo significava che c’è anche il barbone che lo porta con le slitte, con le renne.
E invece ero sempre io.
E i terroristi sono la stessa cosa. Qualcuno ti dice che ci sono i terroristi e tu non ci credi.
Poi scoppia ‘na bomba, crollano un paio di grattacieli
e tutti pensano che se c’è l’attentato significa che ci stanno anche i terroristi che l’hanno fatto…
ma è tutta una bugia, è sempre papà che zitto zitto di notte fa scoppiare le bombe e poi da’ la colpa ai terroristi” .
E mio figlio mi fa:
“l’amico mio Pancotti Maurizio – ché Robertino frequenta
un bambino ciccione che è insopportabile e secondo me è pure un po’ deficiente – m’ha detto “Pancotti Maurizio dice che questa cosa si chiama strategia della tensione!”
Allora io gli ho risposto “l’amico tuo Pancotti Maurizio è comunista!
E lo sai perché è così ciccione? Perché i comunisti si mangiano i bambini. Stai attento quando vai a fare la merenda da lui perché ti si mangia!”
E mio figlio Robertino ha cominciato a tremare.
Per una settimana non è più uscito di casa.
Gli ho fatto fare tutto quello che volevo, gli dicevo “lava la macchina! Metti a posto la stanzetta! Portami le ciabatte!”, lui mi ubbidiva come un cagnolino. Perché si governa con la paura.
E il popolo è uguale.
Il popolo è un bambino.
Se vuoi che non si perda nel bosco gli devi dire che c’è il lupo cattivo, l’uomo nero!
I terroristi, l’arabi col barbone, i pirati della Malesia. Ogni tanto insomma bisogna cambiare, fare la rotazione.
Il diavolo, gli zombie, il mostro di Loch Ness, il bocio, i marziani, i fantasmi.
Il popolo è un bambino.
Se gli metti paura ti porta le ciabatte, ti lava la macchina.
Il popolo è un bambino.
Se gli metti paura ti ubbidisce subito.
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