Un concerto duro, difficile, senza concessioni, senza sconti, intimo e dirompente.
Un uomo solo sul palco, con una scenografia scarna, illuminato da pochi fasci di luce, solo con la sua voce, con la sua chitarra, con la sua armonica, un piano, un harmonium e la sua fisicità . Nessun filtro: non quelli, a cui ci aveva abituato, del rock travolgente, della sua band elettrizzante, della folla in eterno movimento.
Silenzio, questo chiede Bruce e lo chiede come un favore, lo chiede per poter dare, come dice, il meglio di sé; chiede concentrazione, chiede di disporsi all’ascolto di un uomo in piena maturità che, solitario, cerca di parlarci delle nostre contraddizioni, dei diavoli e della polvere che disgregano l’animo umano, di un mondo alla deriva, della confusione della nostra individualità, un uomo che cerca di parlare con sincerità e dolore al nostro cuore per dirci che “non è mai finita” ma che è proprio dall’intimo di noi stessi che bisogna ripartire.
E tutto il filo concettuale del concerto si dipana in questa dimensione; per questo non c‘è posto, neanche nei bis, per alcuni dei suoi solitamente immancabili classici: niente Thunder Road, niente Born to run, niente che esuli dalle tematiche e dallo spirito del concerto.
Per oltre due ore e mezzo e con 25 canzoni Bruce tiene il palco da solo e colma il silenzio del pubblico con la sua personalità, con la sua voce, con la sua musica e fin dall’inizio il pubblico, quello dei grandi concerti, entra in sintonia con lui.
Gino Castaldo ha scritto su Repubblica, a proposito di questo concerto, del potere sciamanico, taumaturgico di Springsteen, con una chitarra che diventa un’orchestra, ricca di armonici, risonanze, colpi proibiti, canzoni che ascoltate su disco sembrano materia inerte ma che dal vivo prendono una loro sorprendente vita, trasformandosi in un appuntamento dolorosamente necessario.
E poi la scaletta completamente rivoluzionata rispetto a quella di solo due giorni p rima a Bologna. Il concerto inizia con il suggestivo crescendo di “C’era una volta il West” e l’omaggio a Morricone prosegue con “I’m on fire” in cui l’armonica ripete il motivo di “Giù la testa”. Tra l’altro Morricone è presente in sala e con lui tanti altri musicisti, tra cui l’intero gruppo dei REM. E nella scaletta vengono distribuite insperate sorprese come “Incident on 57th street” “Nebraska” “Brilliant disguise” e “Lucky town” per finire il concerto con la versione, suonata all’harmonium, di “Dream baby dream” del gruppo americano dei Suicide, una delle cose più intense della serata. E non è da tralasciare l’inedito Bruce che, al pianoforte, rivisita alcuni dei suoi capolavori come “The River”.
Il Boss è tornato, a 56 anni, con la coerenza e la sincerità, quasi unica per un artista della sua levatura, che ha attraversato tutto il suo percorso artistico fino a farlo giungere a una visione del mondo e dell’uomo, sorprendentemente simile, per un “rocker” come lui, a quella a cui sono giunti altri musicisti, artisti e intellettuali musicalmente, storicamente e geograficamente lontani da lui e dal suo contesto socio-culturale ( e anche di questo ho già parlato qui sul Forum)
Sì, so delle polemiche per il costo elevato dei biglietti (che in linea di principio generale sento di condividere), so di chi pensa che l’arte e le emozioni si comprino a peso (una chitarra prezzo del biglietto basso, due chitarre e un pianoforte prezzo medio, un’intera band prezzo alto…) salvo poi incrementare, in altri modi, magari anche inconsapevolmente, la ricchezza dei grandi monopoli. L’immoralità e lo sfruttamento sono dietro ogni nostro piccolo acquisto, dietro ogni nostro piccolo gesto ed è per questo che dobbiamo cercare di cambiare il mondo, la mentalità della gente, la nostra coscienza, i nostri rapporti sociali. E il concerto di Springsteen ha per me il valore di qualcosa che serve a indirizzarci su questo cammino, verso questa nuova coscienza.
Questo è il valore enormemente positivo che credo sorpassi di gran lunga il rovescio della medaglia, quello dei circuiti commerciali e della distribuzione dei concerti.
Una serata di emozioni e di riflessioni. In un mondo di completo degrado, con la visione di un futuro sempre più incerto e preoccupante, Bruce ci ha fatto capire, pur senza proclami o illusorie speranze di paradisi che ci attendono, ma anzi mostrandoci in tutta la sua miseria il livello minimo di coscienza a cui l’individuo e la società sono giunti, che si può continuare a credere e ad avere la forza di andare ancora avanti come sempre, con passione, coerenza, speranza e utopia.
Ancora una volta, grazie Bruce!
This train
Carries saints and sinners
This train
Carries losers and winners
This Train
Carries whores and gamblers
This Train
Carries midnight ramblers
This Train
Carries broken-hearted
This Train
Carries souls departed
This Train
Dreams will not be thwarted
This Train
Faith will be rewarded
This Train
Carries fools and kings
This Train
Hear the big wheels singing
This Train
Bells of freedom ringing
Big Wheels rolling through fields
Where sunlight streams
Meet me in a land of hope and dreams
Big Wheels rolling through fields
Where sunlight streams
Meet me in a land of hope and dreams
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