E’ in giro per l’Italia la nuova versione dell’opera teatrale “Il Grigio” di Gaber/Luporini nella nuova versione prodotta dal Piccolo di Milano e interpretata dal bravissimo Fausto Russo Alesi.
Non posso che confermare l’impressione che ebbi al debutto dello spettacolo al Piccolo di Milano. E’ importante sottolineare che, al momento della notizia che sarebbe stata riproposta questa nuova edizione dell’opera di Gaber/Luporini, molti manifestarono delle riserve. Tra i dubbi più ricorrenti quelli legati alla impossibilità di “replicare” Gaber e alla “distanza” di Ronconi dal modo di pensare, anche artistico, di Gaber/Luporini.
Anch’io ebbi qualche dubbio ma in ogni caso mi sembrò più giusto vedere prima quale sarebbe stato il risultato. Sul fatto della difficile interpretabilità di Gaber o della lontananza di Ronconi dallo spirito gaberiano, la cosa non mi preoccupava anzi…
Se un’opera (musicale o teatrale che sia) riesce comunque a trasmettere qualcosa (al limite anche di diverso dall’originale) vuol dire che contiene in sé un’universalità tale che le permette di essere interpretata anche prescindendo dall’autore e dalla sua cifra stilistica. E questo è per me un pregio, non un difetto. Certo, diventerà un’altra cosa, ma tutto (anche noi stessi) siamo ogni istante un’altra cosa rispetto a ieri. E’ vero che può venir fuori qualcosa di negativo e allora potremo anche criticare, ma non dovremmo in ogni caso, per farlo, fare il confronto con “Il Grigio” nella versione gaberiana. Il Grigio di Gaber/Luporini sarà senz’altro un’altra cosa rispetto a quello di Ronconi, come il Gesù di Zeffirelli è diverso da quello di Pasolini, ma questo è il bello. Queste operazioni a me sembrano stimolanti: è il testo, la parola che si libera dalla costrizione temporale e si sublima. Perché no?
Già al debutto ebbi una conferma positiva alle mie riflessioni di allora e riconfermata anche in questa nuova versione “ridotta” da due tempi di un’ora ciascuno a un atto unico di un’ora e quarantacinque .
Il “nuovo” Grigio è una grande opera teatrale. Due giovani trentenni, la regista Sinigaglia e l’attore Fausto Russo Alesi hanno compiuto un’operazione straordinaria.
Ho trovato l’’interpretazione di Russo Alesi superlativa, sia perché denota una grande capacità artistica e in lui si notano tutte le capacità tecniche di un grande attore, sia perché sa emozionare. La sua fisicità è grandiosa. Per tutto lo spettacolo ogni parte del suo corpo vibra e recita. Basta vederlo in canottiera e mutande per accorgersi che ogni suo muscolo trema e recita, perfino il suo sudore, i suoi occhi sbarrati, il tremore delle dita indicano una partecipazione e capacità recitativa da grandissimo attore.
E poi durante la rappresentazione mi sono “dimenticato” Gaber e dico questo in senso positivo: intendo cioè dire che non ho mai fatto un paragone, un confronto, perché questo Grigio è stato riletto in maniera diversa eppure fedele.
Voglio dire che il fatto che questo Grigio, nei suoi monologhi, nel suo scorrere della parola, sia lontano da quello di Gaber valorizza e “ratifica” la validità di un testo che diviene a tutta ragione un “classico” e che può quindi essere portato in scena tranquillamente da un attore molto più giovane di quanto fosse Giorgio al momento della sua proposizione dell’opera, e può essere giocato su una lettura diversa e su una recitazione che non è mai scimiottattura anche nei passi che sono chiaramente tipici dell’impostazione teatrale e vocale di Gaber.
Fausto Russo Alesi è indubbiamente un grande attore, il testo di G/L è indubbiamente un grande classico e la regia, addirittura giocata su una scenografia più scarna di quella originale e con alcune trovate sceniche importanti e significative, non solo non fa torto alla versione gaberiana, ma anzi ne sottolinea la grande valenza teatrale e consegna il “teatro di evocazione” al giusto posto che ha nel Teatro italiano, fugando i dubbi di quanti pensavano che quest’opera potesse contare solo per la “popolarità” di Gaber.
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