“Non ho paura di Berlusconi in sé, ma di Berlusconi in me”: così disse una volta Giorgio Gaber in un’intervista.
E credo che questo sia in buona sostanza il senso del film di Nanni Moretti, soprattutto quel finale così disperante e l’affermazione che Berlusconi avrebbe già vinto da trent’anni, da quando quest’Italia si è abituata a vivere e nutrirsi del linguaggio televisivo.
Moretti ci dice nel suo film che, volenti o nolenti, Berlusconi ha purtroppo cambiato l’Italia e che quindi il suo declino non è legato tanto alla sua vittoria o sconfitta a un’elezione, ma che la sconfitta di Berlusconi e del “berlusconismo” è un problema più complesso e consiste nel sovvertimento di un modo di essere e pensare che si è diffuso a macchia d’olio nel Paese, anche nella stessa sinistra che spesso, soprattutto in passato, ha scimmiottato e “rincorso” le “innovazioni berlusconiane”, anziché porsi come reale, totale, inequivocabile alternativa.
E questo modo di essere e di pensare, unito a una debolezza della sinistra, potrebbe venir buono a Berlusconi in un eventuale futuro suo “smascheramento” in quanto su esso potrebbe far leva per chiamare la gente a ergersi a sua difesa, agitando le sue solite falsità su presunte “persecuzioni” e manovre per togliere anti-democraticamente (secondo il suo bizzarro concetto di democrazia) agli italiani quel nuovo modo di essere a cui lui li ha affezionati.
Certo questa lettura può dar fastidio a molti, perché non è una visione militante e trionfalistica, ma anzi piuttosto pessimista.
Allo stesso modo davano fastidio le critiche di Gaber e Luporini alla sinistra , e la loro visione delusa della possibilità di cambiare con la politica le cose, ma questa posizione intellettuale di Moretti è onesta prima ancora di essere in ultima analisi vera e secondo me somiglia molto proprio alla visione di Gaber e Luporini su massificazione, apatia e critica della debolezza della sinistra.
Per questo “Il Caimano” a me è piaciuto, anche se molti sono rimasti delusi aspettandosi un film “elettorale” o di denuncia alla M.Moore o alla “Viva Zapatero” .
“Il Caimano” è tra l’altro un film molto morettiano (molto più dell’anonimo e atipico “La stanza del figlio”) in cui i personaggi (come nei film di Woody Allen quando Woody è solo regista) parlano e si muovono come Nanni Moretti, dove possiamo ritrovare le “invenzioni” filmiche alla Moretti, dove Silvio Orlando dà una interpretazione, secondo me, ad altissimo livello.
Il mio giudizio, al di là del fatto di essere forse viziato dalla mia passione per il cinema di Moretti (soprattutto quello del primo periodo), è dunque positivo proprio perché il film non era strutturato come un classico film di denuncia: era un “vero” film, un film che mi è sembrato rappresentare lo “stato dell’arte” della nostra attuale realtà, una realtà di crisi e di instabilità e il film mi sembra che si dipani proprio su questo filo conduttore trivalente: crisi della famiglia, crisi del cinema, crisi dell’Italia, perché le storie sono una dentro l’altra e si intrecciano, da quella del problema di coppia, a quello dello stato del nostro cinema, a quello della Nazione, e il tutto attraversato dalla meta-visione di Moretti che compare ed è presente comunque durante il film, come un silente narratore.
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