La Francia del 1600 e l’Italia degli anni ’40: luoghi, tempi e situazioni diverse da cui emergono due storie che hanno molti punti in comune.
Con questa traccia narrativa Stefano Paiusco ha scelto di parlarci della Resistenza in un modo diverso dalle solite ricostruzioni della lotta di Liberazione.
Su questi due binari paralleli, solo sulla scena, l’attore veronese ci parla della celeberrima storia di Cyrano de Bergerac e di quella meno conosciuta di Vittore Bocchetta, partigiano della resistenza veronese al nazi-fascismo.
Due storie apparentemente diverse ma che trovano il loro comune denominatore nella descrizione di due spiriti liberi, legati alla propria coerenza personale, capaci di rinunce e di sofferenza e che non hanno ricevuto dalla vita quanto si sarebbero meritati, senza mai chiederlo o pretenderlo.
Con una narrazione a dissolvenza cinematografica, Stefano Paiusco, sovrappone e alterna le due storie e riesce a farci “vedere” l’amore sofferto ed eccellente di Cyrano e uno spaccato della resistenza della città di Verona al nazifascismo.
Le immagini emergono nitide e cariche di emozione dalle parole dell’attore che ha voluto intitolare quest’opera con un pezzo del motto dei Cadetti di Guascogna, usato anche durante la Resistenza veronese.
Stefano Paiusco riesce a coniugare la sua grande passione ed esperienza per il teatro civile alla recitazione di un classico come il Cyrano di Rostand e sorprendentemente l‘avvicinare la narrazione degli orrori del nazifascismo alle parole di un grande amore letterario non stride, ma si fonde perfettamente nella fisionomia di due spiriti liberi che hanno sofferto senza onori e riconoscimenti.
Un modo di onorare la Resistenza più intellettualmente fondato, che va oltre le ragioni storiche e politiche e si eleva fino all’essenza dell’individuo.
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