Venerdì 10 febbraio 2006 il teatro Jenco, pieno per i 4/5, ha ospitato lo spettacolo “Prossime aperture” di Andrea Rivera e Lisa Lelli.
La scena si apre con la registrazione di alcune esperienze di Andrea, la sua chitarra e la sua voce, a Trastevere. Ironia. Denuncia, anche.
Coinvolgente dialogo con il pubblico…e a volte con la polizia.
Riaccese le luci sul palco, conosciamo subito la “coscienza” di Rivera, Lisa Lelli, che mi è parsa una delle trovate più intelligenti, la cui funzione è di esternare i suoi pensieri, non solo per farli conoscere al pubblico, ma soprattutto per introdurre nello spettacolo anche sipari introspettivi tra un pezzo di denuncia a viso aperto e l’altro; è la sua tentazione di accettare proposte televisive “solo per farsi conoscere”, la tenacia di perseguire nel suo impegno sulla strada e con la gente, di essere coerente con questa scelta rinunciando a tutto quello che ha a che fare con lo show business. Peccato la sua uscita di scena quando comincia a diventare troppo insistente, soprattutto troppo cieca alle svolte, alle aperture, agli spiragli di uscire dalla visione precostituita di un artista di sinistra che non accetta compromessi.
La verità va detta, questo è l’importante. Va detta o va fatta conoscere in qualche altro modo. E allora ecco da una parte i filmati (forse a volte un po’ lunghi) di interviste che Andrea ha fatto all’uscita dei seggi per referendum ed elezioni politiche passate, e dall’altra monologhi e canzoni su quello che accade intorno a noi, a cui molte volte diamo poco peso, per mancanza di tempo o di voglia, e che proprio per questo creano il bisogno stesso di essere denunciate.
Nei filmati ridiamo ma poi, in un secondo tempo, riconosciamo noi stessi, con la nostra disinformazione abbastanza consapevole, ma scarsamente colpevole, la nostra sudditanza alle opinioni dei potenti (mass media e chi attraverso essi), la nostra ingenuità e incoerenza.
Nello spettacolo vero e proprio, la durezza di certi pezzi si alterna con racconti in cui il fatto di denunciare passa attraverso l’esperienza di Andrea, e sono proprio quelli che colpiscono di più, che ti rimangono di più dentro, proprio come può accadere con Gaber, perché il semplice raccontare come stanno le cose, anche con la forza che è propria di Rivera, è diverso dall’arrivarci sottilmente da un’altra strada che crea come in un puzzle l’aspettativa nell’ascoltatore e NE SMUOVE IL PENSIERO.
Ottimo l’accompagnamento musicale di Sabino De Bari, senza il quale probabilmente le canzoni sarebbero state meno trascinanti.
Alcuni temi: il linguaggio e lo stesso pensiero affollati da termini angloamericani, le colpe della chiesa nella vicenda di Radio Vaticana, Calipari e gli eroi senza nome che muoiono in fabbrica, le aziende che chiudono in Italia causando migliaia di disoccupati per aprire filiali all’est, ma anche gli scandali della nostra politica, non importa di quale fede ci si professi, il sogno di ritornare ad avere lo sguardo di un bambino, che vive nella giustizia e nella tolleranza delle favole, in cui tutto è possibile perché il Cavaliere è Inesistente.
Si ride di un riso in fondo amaro.
Molto personale e divertente il momento in cui Andrea avvicina la sedia al pubblico e inizia a fare domande qua e là (cosa fai prima di andare a dormire?), chiede l’orario, fa commenti sulle risposte e sulle persone…Crea così, a metà spettacolo, un clima di confidenza eliminando in buona parte il distacco inevitabile con il pubblico, rendendoti partecipe, non più spettatore passivo. In questo modo Rivera sfata la sentenza con cui dà il via allo spettacolo: “è incredibile che oggi il monologo sia diventato l’unica forma che ti permette di dialogare!”.
Applausi finali meritati, andare avanti si può.
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